Voglio condividere con voi questo piccolo progetto di ambientazione fantasy.
L’etnia dominante nel
Califfato è quella dei Jawhari, le minoritarie sono quelle degli izid, i
mandhai, i kurishiti e gli akdiri. Esistono anche piccole rappresentanze di
altre etnie, soprattutto nelle città costiere. Nel Califfato vive anche l’etnia
non umana degli zawa, degli uomini-rettile.
Ci sono molti culti
idolatrici, ma la religiosità si divide in due modi di intendere gli dèi: i
monoteisti dell’ovest che adorano la pietra del deserto e tutti gli altri che
adorano la pietra senza considerarla però l’unica divinità.
I monoteisti dell’ovest
esigono una guida religiosa forte, per questo il potere non è in mano ad un
emiro, ma ad un Patriarca e al suo concilio di pir (santi). Il potere politico
dei sacerdoti nel resto del califfato è in genere assai minore.
L’idea di avere una guida
forte va ricercata nel fatto che anticamente i sovrani di queste città, che non
facevano parte dell’Impero Mithan, erano considerati semidei.
Quello che oggi sono i
deserti occidentali furono l’impero dei djinni (Almajistir), il deserto
orientale fu l’impero dei draghi (Khisan), questi avevano come sudditi degli
uomini-rettile chiamati Zawa, una razza più antica di quella umana. Gli umani
erano loro sudditi, ma con un ruolo marginale, spesso erano schiavi.
Le leggende affermano che
lo scontro tra i due imperi fu tanto atroce che fu fatto uso di un incantesimo
tanto potente che li distrusse entrambi creando i deserti ricoperti di rovine
che possiamo vedere oggi. Fu in quel momento che inizio la storia dell’umanità.
Gli umani schiavizzarono gli zawa, che erano i servitori dei draghi,
considerandoli impuri e corrotti, oggi molti zawa si sono guadagnati la libertà
o sono nati liberi, a volte gli schiavi tentano di fare rivolte armate, darsi
al banditismo o mettersi al servizio dei pochi draghi rimasti che vivono come
solitari tiranni del deserto.
I Djinni sopravvissuti
vivono nel deserto occidentale e vengono adorati da alcune tribù di nomadi.
Città
NAFKANDALA: Città santa
dell’Ovest, qui i nomadi del deserto portarono la Pietra. Qui riposano le
spoglie mortali di Babur Kanif il conquistatore, il profeta che portò il culto
della Pietra dal deserto. La fede monoteistica è totale, gli altri culti sono a
malapena tollerati sotto pagamento di una tassa. La città ha molti contatti coi
nomadi del deserto, la sua popolazione è in gran parte imparentata coi clan
nomadi, quindi è principale snodo carovaniero per le merci, possiede molti
caravanserragli e locande. I suoi luoghi di culti attraggono ogni anno migliaia
di pellegrini.
Il governo è teocratico, il
leader è il patriarca Naazir, che a parole si oppone ferocemente ai maghi di
Dagardi, ma il commercio mediato dai nomadi tra la magocrazia e la teocrazia è
un pilastro economico per entrambi. L’patriarca non giura fedeltà al califfo, è
spesso in contrasto con Nolybab, che considera una città decadente e corrotta.
TURABAH: Emirato che ha
giurato fedeltà alla teocrazia di Nafkandala. La città è costruita sul lago
Nabr, che gli dona un clima mite e grandi coltivazioni e allevamenti. La città
è meta di pellegrinaggio minore perché è stata sito della prima grande
battaglia di Babur Kanif, e qui egli ha vissuto l’esperienza mistica del
Viaggio Celeste.
ARSAB: Importante città
mercantile del sud, da qui passa il commercio verso il Kush e verso il
Mahadesh. Si tratta della città più ricca del califfato, ma la sua politica è
molto instabile e le rivolte e gli assassini politici sono comuni. I mercenari
stranieri assoldati dall’emiro ultimamente stanno creando problemi e
rivendicando sempre più diritti. L’emiro locale è una figura marginale che, se
intende avere un peso, deve lottare contro forti élite mercantili. Ad Arsab vivono
numerose comunità straniere in appositi quartieri istituiti ufficialmente. Si
tratta della città più libera e cosmopolita del paese.
ZULFIKAR: La città della
scimitarra si trova a nord, in una fascia climatica mite e vicina a boschi e
monti che le forniscono legname e minerali per produrre gli oggetti per cui è
nota nel mondo: le spade. La straordinaria tradizione degli armaioli è
un’eredità dell’antico impero draconico di Khisan, e delle sue Forge del Cielo,
un luogo mitico che si trova da qualche parte nel Deserto del Drago. La
scimitarra di Babur Kanif proviene da qui. Ora è andata perduta. La popolazione
è nota per essere composta in maggioranza dai Kurishiti, un’etnia di montanari
fieri e rinomati per le arti belliche, un tempo signori del paese perché
arrivati come conquistatori e sudditi dell’Impero di Mithan. Poiché il nucleo
principale dei fabbri dell’impero di Khisan erano zawa, qui non sono mai stati
schiavi, sono cittadini liberi e tra i più rinomati armaioli.
NOLYBAB: La capitale del
Califfato. Il califfo comanda formalmente tutti gli emiri, che però sono di
fatto indipendenti. La città è maestosa e le sue architetture sono
straordinarie, con grande uso di marmi colorati e mosaici. Centro produttivo e
culturale del paese, vive un rapporto di tensione con le città sante
dell’ovest, ne detesta l’indipendenza e ne invidia il possesso della pietra e
delle tombe degli eroi. Gli aristocratici sono particolarmente sfarzosi e
persino i mercanti e gli artigiani minori amano sfoggiare il lusso che possono
permettersi. La città è spesso accusata di essere corrotta, in effetti il
carattere della popolazione, la mescolanza etnica e la grande vita urbana hanno
fatto allentare la corda sulla moralità. La grande università è sede degli
scienziati e dei pensatori tra i più importanti al mondo, anche studenti
stranieri studiano qui.
KARABAN: A nord di Nolybab
c’è una fiorente città che vive sulla costruzione e il commercio delle
imbarcazioni. Qui la lavorazione del legno è un’arte molto diffusa, i boscaioli
delle comunità a nord portano la materia prima in città. Secoli fa qui venne
fondato il monachesimo dal pir Ismat al-Muhamin, che fece un lungo viaggio nel
Sorakan, a nord, dove imparò questo modo di vivere dai monaci locali. I locali
sono chiamati anche akdiri, che significa uomini verdi, e sono noti per la loro
mitezza e reclusione, ma anche per l’assenza di senso dell’umorismo e
pericolosità se provocati.
KOWAN: La città palustre.
Dà il nome all’omonima palude che la lambisce. Qui c’è una forte minoranza di
etnia Mandhai, gli adoratori dell’acqua. Molti di loro sono nomadi e vivono in
capanne costruire sul fiume o direttamente sulle loro lunghe e basse chiatte.
Alcuni vivono in città. Il rapporto con la popolazione locale è buono ma
freddo, i mandhai sono visti con sospetto perché adorano spiriti considerati
quelli dell’antico impero djinn di Almajistir, ma sono abili navigatori che
riescono ad unire la valle, e sono abbastanza arditi da tenere a bada gli
uomini rospo delle paludi: i Tafih.
MUQTADAR: Città a
nord-ovest dalla palude di Kowan, ultima roccaforte dei Izid, gli adoratori
dell’angelo pavone. Sono abili mercanti sparsi in gran parte del mondo
conosciuto. Gli abitanti di Muqtadar hanno un forte orgoglio. La comunità
locale è composta in gran parte da contadini. La città è rurale, qui si
producono ottime corde di canapa. La città è in guerra, sebbene non
ufficialmente, con le città sante dell’ovest, le scaramucce sono molto
frequenti. La guerra ha motivi sia religiosi che economici e di controllo del fiume.
AL-AMARAH: La città è
l’unica rimasta abitata sin dai tempi dell’Impero dei draghi, ha fortissimi
rapporti coi nomadi del deserto dei draghi e commercia con l’oasi di Abdul. Lo
sbocco al mare gli permette di commerciare con tutte le altre città del Califfato
e anche in altri paesi. Fiera rivale di Arsab, non ha né la flotta né la
potenza commerciale della rivale, ma ha una politica molto più stabile e la sua
popolazione è nota per la tenacia. La quantità di zawa, sia schiavi che liberi,
è elevata. Indipendente de facto dal Califfo, il suo Emiro sta prendendo
contatto con alcuni draghi. Il luogo è anche il centro di propagazione del
famigerato culto del drago molto a ristabilire il dominio di queste creature
nel mondo.
Divinità
Il culto più antico della
popolazione sia nomade che stanziale è il culto del Fato. Il Fato è
l’ordinatore dell’Universo e delle vite degli uomini, è una forza che permea
ogni luogo. Gli adoratori del fato sono più filosofi che religiosi e si
limitano a prendere atto del fatto che non sono i veri padroni delle loro
esistenze.
Questo culto persiste
tutt’oggi, ma altre credenze si sono sovrapposte a esso. Il Fato resta come
elemento ordinatore, ma gli dèi possono manipolarlo come gli uomini manipolano
la creta.
Tra i culti più antichi ci
sono quelli idolatrici e sanguinari del deserto, che hanno perso moltissimi
aderenti nel corso dei secoli. Il più temuto è quello dell’Idolo Nero, che
insanguinò il califfato durante l’invasione dello Sceicco Ramadan Al-Shidda due
secoli fa.
Il culto della Pietra è
altrettanto antico ed è venuto dal deserto, portato dai nomadi che invasero
l’antica Al-Jawhar quando essa era solo la provincia più orientale del’Impero
di Mithan. Questi nomadi erano guidati da un profeta e sceicco di nome Babur
Kanif, rovesciarono la dinastia Kurishita dei Mairanoush e presero il potere. I
califfi sono i successori di Babur Kanif e devono essere suoi discendenti per
poter aspirare al titolo. Il primo fu il suo inetto figlio Qadama che tentò di
cercare le Forge del Cielo, ma perì prima di trovarle, fu attaccato sui Monti
Kurish, ed è qui che andò perduta la mitica scimitarra del padre: Zàlfika.
La Pietra cadde dal cielo
una notte d’estate, Babur, un semplice mercante, la trovò e iniziò ad
ascoltarla. La pietra parlava con voce possente e gli diceva di essere stata
inviata dai Cieli per far grande il suo popolo. La pietra è stata posta in un
mausoleo nella prima città che si convertì al suo culto: Nafkandala, qui parla
attraverso una maschera d’oro chiamata Oracolo. Teoricamente ogni credente può
essere ammesso al suo cospetto, sotto giudizio del concilio dei pir, ma nella
pratica solo i più potenti e più pii possono entrarvi, e solo per questioni di
vitale importanza. Il governo è in mano a un patriarca che governa insieme a un
concilio di pir (santi) che parlano con la pietra prima di prendere ogni
decisione.
Le città sante dell’ovest
(Nakfandala e Turabah) praticano il culto monoteista della Pietra e negano
l’esistenza di altri dèi, che ritengono essere Ifrit sotto mentite spoglie
tornati per soggiogare l’umanità.
Nel Califfato certe
divinità si adorano nel loro unico tempio, poiché sono le loro statue fisiche
ad essere dèi viventi. Queste divinità sono chiamate collettivamente Bethel.
La Pietra, l’Oracolo, il
dio della legge, della conquista e del deserto, è la divinità caduta dal Cielo
sotto forma di cometa e raccolta dal profeta Babur Kanif, è un dio geloso e
tirannico.
Al-Uzzah, la Veneratissima,
dèa dell’amore, della fertilità e della bellezza. Il suo santuario è a Nolybab,
sotto la sua statua di marmo bianco c’è un altare dotato di canali per
raccogliere il sangue delle vittime sacrificali. Il suo animale sacro è il
leone, spesso i suoi templi sono sorvegliati da questi animali.
Allat, la Ctonia, dèa degli
inferi e del sottosuolo, madre di Al-Azzah e Regina della Notte. Dèa della
morte, della luna e delle creature dell’oscurità. La sua statua di Lapislazzulo
si trova ad Al-Amarah.
Manat, la Nemesi, è una
statua di marmo nero, rappresenta la custode del Destino a cui tutto soggiace,
ella è la prima e più abile tessitrice del fato. Nel suo santuario a Nolybab
sono conservate anche le due spade che la dèa stessa ha fatto rinvenire ai due
mitici eroi fratelli Ali e Talib, che depredarono la Piramide d’oro per sfamare
i poveri durante una pestilenza. Le spade sono Makadam (la tagliente) e Rassuba
(la penetrante), la dèa ha predetto che le due spade avranno un ruolo durante
la fine del mondo.
Nergal, La Ruota, è il dio
dei cicli solari e dei cicli delle pestilenze. Dio temuto più che adorato. Il
suo culto accetta la ciclicità di tutte le cose e adora il Sole come emanatore
primo di questa ciclicità. Il suo carattere è collerico ed è privo di pietà. La
sua statua di Avventurina è a Kowan.
Hubal l’Arciere, un vecchio
con arco e faretra, il suo tempio a Karaban viene custodito dai Sadin, pii
sacerdoti che compiono rituali belomantici per prevedere il futuro. La statua è
di corniola rossa ma ha un braccio d’oro massiccio poiché venne rotto durante
il saccheggio di Al-Shidda. Si dice che i nomadi che tentarono di portare via
la statua le ruppero un braccio, e a quel punto le frecce nella faretra si
animarono e dotate di vita propria li uccisero. Habal è dio dei guerrieri, dei
boschi e della caccia. Ogni luna piena gli viene sacrificato un animale.
Damatr, La Feconda, dèa del
commercio, della fortuna e dell’agricoltura, è rappresentata come una donna che
regge in mano spighe di grano e papaveri. La sua statua di ametista è ad Arsab.
Prigionieri e schiavi stranieri gli vengono sacrificati prima delle stagioni
commerciali. Più la vittima viene da lontano e più sarà apprezzata dalla dea.
Kabir, Signore dei
serpenti, è il dio del mare e di coloro che vanno per mare, è arrivato da una
costa lontana dopo un saccheggio. Il suo carattere è imprevedibile come il
mare, prima di mettersi per mare è opportuno donare al tempio. La sua statua di
marmo azzurro si trova ad Arsab e rappresenta un uomo grasso e seminudo che
strangola un serpente marino, creature di cui è padrone.
Kothar, Il Puro, divinità
degli artigiani, della verità, della giustizia e del popolo dei kurishiti, nel
suo tempio si praticano vaticini di carattere aruspico. Tutte le spade che
vengono forgiate sono consacrate da un sacerdote a questo dio e gli viene
ritualmente imposto di non danneggiare mai un innocente, è un dio orgoglioso e
giusto. La sua statua rappresenta un guerriero con scudo e scimitarra e la
barba lunga, si trova a Zulfikar, è di marmo bianco ma al centro del suo
turbante è incastonato un gigantesco rubino.
Khalasa, Dio guerriero
protettore delle carovane, la sua statua di quarzo si trova a Nolybab.
Esistono poi divinità che
non vengono adorate nei loro templi sotto forma di statue, ma sono invece dèi
invisibili.
Hagar, Dio della terra.
Nasr, Dio degli avvoltoio e
di chi si perde nel deserto.
Ta’lab, Dea della luna.
Suwa, Dea dei pastori e del
bestiame.
Yaghuth, Dio della medicina
e della cura.
Hadad, Dio dei serpenti,
della pioggia e dei fulmini.
Baal, Signore del sole.
Ishtar, Dea del sesso,
dell’amore e della guerra. Stella della sera
Mitra, Dio della forza e
dei soldati.
Kur, Dio dei sotterranei.
Ningal, Dea delle paludi.
Zagan, Dio dei rospi.
Baalam, Dio della magia.
Rundas, Dio della caccia e
della fortuna.
Moloch, Dio malvagio
mangiatore di bambini.
Sydyk, Dio della giustizia.
Azazir, Dio dei demoni.
Tiamat, Dea primordiale
degli oceani e dei draghi.
Bahamut, Dio dei draghi.
Kumara, l’Angelo Pavone, è
il demiurgo creatore del cosmo che ha osato ribellarsi al Fato ma si è pentito
per farsi ordinatore e servitore del destino dell’universo. Viene rappresentato
come un pavone dai colori dell’arcobaleno. Il culto è misterico e non accetta
conversioni, è la religione etnica degli izid
Ma’an, i Mille Spiriti
dell’Acqua, non sono una singola divinità, ma un culto molto antico che viene
seguito dai mandhai e da altre etnie che vivono sui corsi d’acqua o sulla
costa. Malvisto dal resto degli umani che lo considera una forma di culto ai
djinni. Gli aderenti a questo culto adorano molteplici divinità, alcune sono
gli spiriti di una tribù o di un specifico luogo, altri sono spiriti maggiori.
Questo culto non ha templi, poiché ovunque vi sia l’acqua vi sono gli dèi,
comunque ammette piccole costruzioni sacre chiamate mueallam che possono avere
anche la funzione pratica di pietre miliari o avvertimento per i viandanti
fluviali.